Con la ripresa dell’attività politica di quegli anni (1944-1945), si riaffaccia in Calabria l’antica tendenza dei contadini all’occupazione delle terre. La vita democratica riparte attraverso la costituzione dei partiti di massa e delle organizzazioni sindacali, che ridanno slancio alla popolazione. Tra il 1944 e il 1945, in Calabria le persone iscritte ai partiti risultano più di 200 mila, secondo i registri dei prefetti, dato che testimonia l’ampia partecipazione politica della popolazione calabrese[1].

La Calabria entra pienamente in rapporto con il centro decisionale nell’aprile del 1944, con la formazione del secondo governo presieduto da Badoglio. Tra i politici emergenti originari della regione calabrese si distinguono principalmente Fausto Gullo, rappresentante del Partito comunista italiano, e Giacomo Mancini, membro del Partito socialista italiano. Se a livello nazionale il discorso di Togliatti, passato alla storia come la “svolta di Salerno”, non segna una netta rottura con il passato, in ogni caso, con la fine dell’esperienza fascista nel Sud Italia nella regione calabrese emergono dati di movimento. In primis si ricorda il moto contadino: tra la fine dell’estate e l’autunno del 1943 gruppi di contadini occupano le terre del latifondo nei territori del Crotonese e del Cosentino, riproponendo la lotta ai baroni usurpatori e la questione demaniale[2].

Il moto contadino, sorto spontaneamente, comincia a organizzarsi e a proporre leader della stessa base contadina. Le risposte della politica sono affidate a Fausto Gullo, che con i suoi decreti del 1944 prevede l’assegnazione di terre incolte a enti o a cooperative di contadini organizzate in consorzi, tentando così di legittimare le occupazioni avvenute o in corso che riguardano circa 4000 ettari. L’obiettivo del ministro Gullo è quello di disinnescare lo spontaneismo del moto contadino sostituendolo con un’azione collettiva e organizzata. Tuttavia il processo va verso una normalizzazione dei fatti che a un profondo cambiamento[3]. La fase di transizione viene guidata in Calabria, come nel resto del Paese, dalla Democrazia cristiana, che si lega al suo schema interclassista grazie al sostegno della piccola e media proprietà, del ceto medio delle città e dei centri maggiori e della Chiesa. L’organizzazione ecclesiastica calabrese, in particolar modo, è molto chiusa ed è politicamente arretrata, poco avvezza alle novità. Nel Partito comunista italiano invece si è mal digerito il cambio di posizione assunto dal leader Palmiro Togliatti, che viene accusato di assumere una posizione di attesa e di rinvio e di assumere una posizione di collaborazionismo con i partiti borghesi[4].

Due formazioni dissidenti comuniste nascono a Cosenza e a Catanzaro, guidate da Fortunato La Camera e Francesco Maruca. Questo fenomeno di “ribellismo” dei comunisti è ben testimoniato dall’episodio della Repubblica di Caulonia del marzo 1945. L’epicentro dell’episodio è Caulonia, nel Reggino, ma del fatto viene investita tutta l’area limitrofa comprendente tutti i paesi dell’antico Stato feudale della famiglia Carafa, area di formazione culturale di Tommaso Campanella. Una zona economicamente arretrata, con una tradizione di lotte antifeudali e di un ceto agrario attivo. La vicenda, nel suo miscuglio di ribellismo contadino e di messianismo proletario, rappresenta il segnale di una speranza ormai al tramonto, mostrando i limiti oggettivi di una condizione senza sbocco. Nella provincia di Reggio Calabria, in particolare, la reazione degli agrari alle rivendicazioni dei braccianti, attuata con vere e proprie azioni terroristiche contro sedi sindacali e partitiche e soppressione fisica degli elementi politicamente più impegnati, ha prodotto fino al marzo 1945 tredici morti fra contadini e sindacalisti [5].

È un dato questo, da tenere presente per comprendere il clima politico in cui maturano gli eventi che danno luogo alla Repubblica di Caulonia. Infatti, lo sbocco di una rivolta frutto dell’amalgama di vari elementi: sentimenti di rivalsa verso fascisti e fiancheggiatori, vendette personali, istanze rivoluzionarie, odi familiari ed equivoche interferenze di elementi asociali.

La Repubblica di Caulonia nasce il 5 marzo 1945, quando il figlio del sindaco comunista Pasquale Cavallaro viene arrestato dopo aver perquisito le case degli agrari e aver requisito i generi alimentari sottratti all’ammasso. A questo punto nasce la Repubblica di Caulonia, con una forza armata costituita da volontari e con l’istituzione di un Tribunale del Popolo, presieduto da un altro figlio del sindaco Cavallaro, nominato presidente della Repubblica rossa, e composto da una giuria di 300 persone. Il moto, svoltosi tra cortei e canti popolari, fa registrare episodi violenti nei confronti di agrari e fascisti della zona e un solo fatto grave, ovvero l’uccisione di un parroco. La sommossa ha fine il 9 marzo 1945, a causa dell’isolamento nel quale i rivoltosi vengono lasciati e alla mediazione del prefetto Priolo, socialista, che ordina la scarcerazione del figlio di Cavallaro, facendo venir meno il cosiddetto “casus belli”, e del dirigente comunista Eugenio Musolino. La rivolta viene qualificata dall’autorità giudiziaria come “associazione a delinquere” di stampo politico-sociale. Nelle sue autodifese, il leader della Repubblica di Caulonia, Pasquale Cavallaro, mostra un impasto di populismo e leninismo, che però ha motivazioni politiche ben reali. Togliatti, dal canto suo, critica l’azione avvenuta a Caulonia perché fuori dalla linea generale di partito. Molti dirigenti comunisti e socialisti calabresi chiedono un cambio di passo, colpiti dal mito della “patria della rivoluzione e del socialismo” dell’Unione Sovietica raccontato da gruppi di sindacalisti russi che fanno visita in Calabria accompagnati da Gullo e da Mancini[6].

Con la fine del fascismo in Calabria i partiti di Sinistra, in particolar modo i socialisti, assumono posizioni importanti nella gestione territoriale del potere.

Se negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, tra il 1943 e il 1945, a livello politico questi sono i principali avvenimenti nella regione, sul piano economico le condizioni della Calabria sono precarie: il tasso di disoccupazione resta a livelli minimi e si registra un lieve aumento della produzione e del lavoro, ma un forte peso sui redditi familiari è provocato dal fenomeno inflazionistico, che colpisce prevalentemente le città e i centri maggiori della regione. Nel 1945, con la fine della seconda guerra mondiale, all’inflazione si aggiunge l’aumento della disoccupazione.

Nicola Manfredi

[1].  G. Cingari, “storia della Calabria dall’Unità ad oggi” p. 311.

[2] Cfr. P. Ginsborg, “Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi”, Torino, Einaudi, 2006, pp. 75-80.

[3] Cfr. G. Cingari, cit., pp. 314-317.

[4]Ibidem, p. 320.

[5]Cfr. Oscar Greco, p. 82 in id. La Repubblica rossa di Caulonia.

[6] Cfr. sull’argomento A. Cavallaro, “Operazione armi ai partigiani”, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino Editore, 2008.