L’Africa è un continente dalla bellezza struggente, ma un triste destino sembra averle tarpato le ali. Ai colori lussureggianti delle savane, delle foreste e dei deserti, alle figure luminose e colte di Sankara, Senghor e Mandela si contrappongono guerre intestine, odi tribali e personaggi di cui gli africani avrebbero fatto volentieri a meno. Queste lotte tra gruppi contrapposti spesso durano per decenni, causando centinaia di migliaia di morti, il tutto incastonato in una cornice di natura vergine e coloratissima. In questo complicato mosaico di Paesi spesso in guerra, la Repubblica Centrafricana non poteva certo fare eccezione. Anche a Bangui, capitale di questa giovane repubblica, si sono susseguiti colpi di stato, violenze e rivolte che hanno aperto la strada ad un dittatore terribile, un vero delinquente che si dice abbia praticato addirittura cannibalismo sui cadaveri dei suoi nemici. Il personaggio di cui ci occuperemo oggi è Jean Bedel Bokassa, un fedele satrapo della Francia divenuto addirittura imperatore e incoronato durante una cerimonia sfarzosa quanto farsesca, che fece gridare allo scandalo da ogni parte del mondo.

Nascita e formazione

Jean Bedel Bokassa nacque in un villaggio chiamato Bobangui il 22 febbraio del 1921 da una famiglia tutto sommato agiata. Il padre, Mindogon Mbougdoulou, era un capovillaggio ed era stimato dai rappresentanti francesi, che all’epoca dominavano l’Ibangui-Chari, il vecchio nome della Repubblica Centrafricana. Nel 1927 Mbougdoulou, mal consigliato dallo stregone Karnu, decise di muovere guerra contro gli invasori europei, ma evidentemente non credeva che il sogno di indipendenza sarebbe sfumato così velocemente. Infatti la rivolta venne presto domata e il padre del piccolo Bokassa brutalmente ucciso. La madre dopo pochi mesi si tolse la vita, non sopportando di vivere con il dolore del marito scomparso, il bambino venne quindi affidato agli zii paterni che lo mandarono a studiare in una missione cristiana. Qui il giovane studiò da cuoco e riuscì ad ottenere un diploma e un buon lavoro come cuoco in una grande mensa a Brazzaville, la capitale del Congo francese. Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, Bokassa si arruolò volontario nell’esercito della Francia Libera. Per tutta la durata della guerra, Bokassa si distinse come un ottimo soldato, ricevendo due decorazioni e la promozione a sergente maggiore. Alla fine del conflitto, il giovane soldato frequentò la scuola di formazione per ufficiali a Saint Louis, in Senegal. Nel 1950 Bokassa venne mandato in Indocina, dove prese parte anche ad alcune battaglie contro le truppe vietnamite e lì rimase fino al 1953. Anche dopo la terrificante sconfitta di Dien Bien Phu, con cui i francesi persero le colonie indocinesi, Bokassa rimase nell’esercito e fece carriera, tanto da diventare nel 1961 capitano dell’esercito francese. Nel 1962 lasciò le forze armate transalpine per arruolarsi nel neonato esercito della Repubblica Centrafricana, che aveva ottenuto l’indipendenza dalla Francia due anni prima. Venne richiamato a Bangui dal cugino David Dacko, che nel frattempo era diventato presidente del giovane Paese africano. Grazie a questo sponsor e con un ottimo curriculum militare Bokassa venne nominato prima comandante e subito dopo colonnello, il che lo fece diventare di fatto il comandante supremo delle forze armate.   

La presa del potere 

Divenuto capo indiscusso dell’esercito e sfruttando il suo prestigio presso i suoi alleati francesi, nel 1965 Bokassa attuò un audace colpo di stato che esautorò il cugino, divenendo presidente della Repubblica Centrafricana e capo dell’unico partito a cui era permesso esistere: il Movimento per l’Evoluzione Sociale dell’Africa Nera (MESAN). Nei primissimi anni di dittatura di Bokassa si susseguirono vari tentativi di colpi di stato che non intaccarono minimamente il potere del dittatore, ma anzi lo resero più sospettoso e crudele di quanto già non fosse. Nel 1972 decise di proclamarsi Presidente a vita, mentre nel 1974 e nel 1976 sopravvisse miracolosamente a due attentati alla sua vita. Nel settembre del 1976 Bokassa conobbe il colonello Gheddafi, che dal 1969 comandava la Libia con il pugno di ferro. Dopo aver strappato al colonnello libico la promessa di aiuti militari ed economici, abbracciò entusiasta la fede islamica, cambiando nome in Salah Eddin Ahmed Bokassa. Nello stesso anno il dittatore sciolse il governo, rimpiazzandolo con il Consiglio Rivoluzionario, una specie di passacarte in cui tutto passava sotto gli occhi di Bokassa. Fu proprio in questo periodo che le voci sulle violenze dei seguaci di Bokassa cominciarono a diventare ben più che sospetti: varie testimonianze di sopravvissuti alle purghe di Bokassa descrissero vere e proprie mattanze, esecuzioni di massa, torture e addirittura cannibalismo, al quale avrebbe preso parte Bokassa in persona. Ma niente sembrò disturbare il governo di Bokassa, che continuò indisturbato a reprimere le voci di dissenso a colpi di arresti e atroci torture.

Il passaggio dalla repubblica all’impero  

Il 4 dicembre del 1976, in un acclarato discorso alla nazione, Bokassa proclamò il passaggio dalla democrazia alla monarchia e la nascita dell’Impero Centrafricano. Esattamente un anno dopo, Bokassa si autoproclamò Imperatore del Centrafrica con il nome di Bokassa I, imperatore per volere del popolo centrafricano unito nel seno del partito. La cerimonia di incoronazione fu sfarzosa e costosissima: infatti Bokassa, emulo di Napoleone, alla presenza dell’arcivescovo di Bangui (per la cronaca suo cugino), cinse da solo una corona d’oro massiccio tempestata di perle e diamanti, del valore di svariati milioni di franchi CFU. In occasione dell’incoronazione, Bokassa ripudiò l’Islam e riabbracciò il Cristianesimo, pretendendo lo stesso per i suoi più fedeli consiglieri. Dopo l’incoronazione ci fu il pranzo di gala, dove si consumarono pietanze di valore inestimabile: tutto quello che serviva a rendere grande la reputazione del primo imperatore di Bangui. Bokassa cercò di giustificare lo sfarzo della sua cerimonia: disse infatti di averlo fatto per affermare il prestigio della sua nazione, peccato che con quella farsa ottenne esattamente l’obiettivo opposto. Nessuno dei presidenti invitati a prendere parte all’incoronazione arrivò a Bangui, lasciando molte sedie desolatamente vuote. Inoltre l’incoronazione costò la bellezza di 20 milioni di franchi CFU, lasciando le casse dello stato più vuote di quanto già non fossero. Secondo molti africanisti, Bokassa soffrì in quei periodi di gravi turbe mentali, che lo fecero assomigliare al dittatore ugandese Amin Dada. Bisogna però dire che per quanto tutti guardassero con disgusto le opere di Bokassa, questi aveva un sostenitore d’eccezione: la Francia di Valery Giscard D’Estaing. Il presidente francese non si fece impressionare dalle voci dei massacri in corso in Centrafrica ma rimase sempre un fedele alleato di Bokassa. Giscard D’Estaing fu molte volte ospite dell’imperatore, partecipò infatti a svariati Safari e ricevette grandi quantità di uranio, materiale indispensabile per il proseguimento del programma nucleare francese. Le critiche nei confronti del presidente francese divennero feroci quando si venne a sapere che Bokassa era solito regalare diamanti a Giscard D’Estaing e alla sua famiglia. Ma malgrado gli appoggi ben presto le cose cominciarono a cambiare anche per Bokassa, che vide presto svanire il sogno di essere imperatore. 

La caduta e la morte

Nel gennaio del 1979 Bokassa perse il suo più importante alleato, che questa volta non poté girarsi dall’altra parte per non vedere i massacri contro i civili di Bangui. Ad aprile centinaia di studenti in rivolta vennero arrestati, torturati e giustiziati nelle maniere più crudeli, sotto lo sguardo vigile dell’imperatore. Alcuni testimoni addirittura riferirono che Bokassa si sarebbe cibato delle membra di questi ragazzi, dopo averli torturati lui stesso. Nel settembre dello stesso anno, mentre Bokassa si trovava in Libia, l’ex presidente Dacko riuscì a riprendere il potere grazie all’aiuto dei francesi, che pur di sbarazzarsi di Bokassa misero su l’operazione Barracuda. L’imperatore ormai detronizzato riparò prima in Costa d’Avorio e poi nel 1985 si trasferì in Francia, in un castello ottocentesco da lui acquistato nel comune di Handricourt. Nel 1986 Bokassa tornò nel suo Paese in maniera spettacolare: si fece infatti paracadutare da un aereo con l’obiettivo di esautorare il presidente in carica (che all’epoca era André Kolingba, colui che aveva a sua volta estromesso il cugino di Bokassa, Dacko). Durante questa sua ultima avventura, Bokassa venne arrestato e mandato davanti ai giudici, da cui avrebbe dovuto difendersi per le terribili accuse di alto tradimento, omicidio, tortura, strage e cannibalismo. Il tribunale lo condannò per tutti i capi d’imputazione meno quello di cannibalismo, dal quale venne assolto, comminandogli la pena capitale nel dicembre del 1987. L’anno dopo la pena venne commutata in ergastolo e dopo tre anni in 20 anni di reclusione. Nel 1993 il presidente Kolingba, prima di lasciare la carica, decise di amnistiare Bokassa, il quale visse gli ultimi anni da uomo libero in una villa alla periferia di Bangui. Il 3 novembre del 1996 Bokassa morì, stroncato da un infarto miocardico: si concluse così la vita di uno dei più violenti e spietati dittatori d’Africa, un vero e proprio criminale travestito da monarca orientale.

Il dittatore che voleva essere Napoleone 

Bokassa per il suo popolo fu un vero e proprio incubo, una personificazione del cuore di tenebra di Konradiana memoria. Durante il suo regno la tortura e l’omicidio furono delle costanti, utilizzate anche contro i ladruncoli: sono infatti tante le testimonianze che parlano di pestaggi violentissimi e sistematici nei confronti di ladri e piccoli truffatori. Addirittura il suo cuoco personale dichiarò di fronte ai giudici di aver preparato manicaretti di carne umana per Bokassa e per i suoi ospiti, che così in maniera inconsapevole si cibarono delle membra di altri uomini. Bokassa fu sicuramente uno dei peggiori figli d’Africa, ma questa progenie malata del Continente Nero riuscì a fare ciò che ha fatto solo grazie alla complicità della Francia, uno stato che sembra difendere i valori di indipendenza e di libertà alla maniera di Animal Farm: tutti sono uguali ma alcuni sono “più uguali” degli altri. Eppure, anche una storiaccia come questa ci dimostra come l’Africa sia troppo grande per essere descritta, anche quando si prova a raccontare le vicende che l’hanno ridotta ad un continente perennemente sottosviluppato. Forse se si ha voglia di capirci qualcosa in più vale la pena di assumere l’atteggiamento di un grande giornalista come lo fu Ryszard Kapuscinski, che introdusse il suo saggio sull’Africa, significativamente intitolato Ebano, con queste parole: ”L’Africa è un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. È solo per semplificare che noi la chiamiamo Africa. A parte la sua denominazione geografica, l’Africa non esiste”. Credo che sia questo il modo migliore per cercare di capire la complessità dei fenomeni africani, una complessità a cui siamo noi a non essere pronti e che inevitabilmente ci sfugge, facendoci cadere in semplificazioni che alimentano fraintendimenti e ignoranza.  

Giovanni Trotta