Leggendo l’articolo “Nelle terre desolate” scritto dal giornalista, poeta e paesologo Franco Arminio, pubblicato su “L’Espresso” del 28 novembre 2021, le riflessioni sul fenomeno dello spopolamento dei piccoli paesi dell’entroterra centro-meridionale sono tante. Lo scrittore avellinese analizza in questo articolo molto bene il tema, analizzandone le cause e dando spunti di riflessione per cercare possibili soluzioni.

Lo spopolamento è un fenomeno che riguarda anche i piccoli comuni calabresi come Staiti (RC), Bova Superiore (RC), Caulonia (RC), Nocera Terinese (CZ) e Civita (CS), citati nello stesso articolo.

Arminio, seppur citando i meri dati statistici dei paesi che nel corso di decenni hanno perso migliaia di abitanti, afferma che essi sono stati abbandonati dalla politica e dagli intellettuali, facendo sì che i paesi siano ripopolati dai cinghiali, invece che dalle persone: così si lascia spazio alla miseria della desolazione, in cui anche chi è rimasto viene spinto ad allontanarsi.

I piani di ripopolazione di questi territori erano stati realizzati dal ministro Fabrizio Barca del Governo Monti ormai dieci anni fa, ma la macchina burocratica centrale si muove a rilento e le iniziative di regioni e sindaci arrivano tardive, con sindaci più conservatori che innovatori, e i sindaci innovatori molto spesso non vengono rieletti. Così i cittadini si sentono abbandonati a loro stessi, caduti in trappola in una ragnatela da cui è difficile uscirne, e i paesi, simbolo del mondo contadino, che è la loro vocazione naturale, appartengono ormai al mondo dell’arte. Gli abitanti di questi paesi cercano il dialogo, ma nessuno vi dà ascolto. Le strategie di sviluppo da cui ripartire che individua Franco Arminio sono tre: sanità, trasporti, scuola.

Per risollevare le aree interne d’Italia, che sono anche aree ignote, in quanto sconosciute ai più, c’è bisogno di concretezza. Il progetto da cui ripartire riguarda il metodo (bisogna formare gli allenatori di paese, persone che non vengono per un convegno a parlare per tre ore e poi vanno via, ma che si fermano sul territorio, parlano con le persone, vivono lì per almeno tre anni a hanno la possibilità di spendere i finanziamenti pubblici) e il merito (la base economica di questi paesi è rappresentata dall’agricoltura, coniugando l’innovazione tecnologica a pratiche antiche e recuperando i terreni incolti che si sono fatti bosco).

Altra questione fondamentale è il patrimonio abitativo. I paesi sono musei delle porte chiuse. Gli enti pubblici dovrebbero acquisire gli immobili in vendita, garantirli di tutti i comfort per renderli utili al coworking.   

I paesi interni si ripopolano in agosto, quando le persone immigrate rientrano per le ferie estive nei loro territori d’origine; in questo periodo nel paese si respira un’aria festosa.

Servizi, sviluppo locale e desiderio sono i temi da cui ripartire: bisogna sfatare il falso mito secondo cui nei borghi si vive bene. Si potrebbe vivere bene, ma si vive male, perché le strade sono un colabrodo, perché si perdono i presidi sanitari, perché chiudono le scuole per mancanza di bambini. Lo spopolamento è un fenomeno che riguarda anche Acri (CS), il mio comune di residenza, dove sono nato e cresciuto, e di cui lo stesso scrittore Franco Arminio è cittadino onorario dal 2019.

Nicola Manfredi