La video intervista di Pietro Marchio al figlio di Pietro Bianco (Giuseppe Bianco), non mi lascia indifferente, perché, anch’io come tanti, sono stato testimone di molte battaglie di impegno sociale, politico e sindacale dell’uomo Pietro Bianco. Un uomo ben descritto dal suo stesso figlio che non si lascia condizionare minimamente dai legami di sangue che a lui lo legano. Un personaggio che è entrato, di diritto, nella storia del nostro paese, Petronà. Dicevo, sono stato testimone delle sue azioni sia nella politica che nel campo della conquista dei diritti dei cittadini e dei lavoratori, negli anni che vanno dal 1973 fino agli ultimi anni della sua vita attiva. Pepè parla dell’attività sindacale presso la nostra Camera del Lavoro che era anche sede della sezione del P.C.I. e della F.G.C.I. ; di questa doppia funzione di quel presidio, all’epoca, io non ne distinguevo i confini; attività politica e sindacale erano intese come unica strategia di lotta. Anch’io, come Pepè ed altri ero impegnato in attività di patronato; centinaia erano le pratiche di disoccupazione che venivano processate ogni anno. Quel luogo era frequentato da tanta gente, sia per i problemi legati alla disoccupazione e al lavoro, sia per l’attività politica che sosteneva e indirizzava l’amministrazione comunale guidata, per moltissimi anni, da un monocolore comunista; molte scelte importanti venivano prese e condivise in quel luogo. Quel Pietro Bianco, per tutti Zio Pietro, insieme a qualcun altro, riusciva a coinvolgerci sui grandi temi sociali. Il figlio, nel video, parlava dei rapporti epistolari che lui intratteneva sia col partito che con gli organi di stampa; non posso che confermare, visto che spesso ero io stesso a trascrivere, in bella copia i suoi manoscritti da inviare ai destinatari. Ricordo le varie discussioni che nascevano quando gli facevo notare qualche errore grammaticale che lui commetteva e alla fine mi arrendevo. Era fatto così, aveva avuto un’istruzione minima, ma era un grande autodidatta; una cultura frutto delle tante letture di quotidiani ( “L’Unità” in primis) e di libri. Era un grande oratore, non di arte retorica intesa nella sua negativa accezione finalizzata alla persuasione a tutti i costi, ma usava un linguaggio semplice, determinato e pragmatico; si è vero, ricorreva spesso al dialetto. I suoi comizi erano interminabili e coinvolgenti; l’uditorio era fatto di gente semplice e spesso analfabeta ma comprendeva bene il contenuto. Erano altri tempi, per me molto belli; noi giovani contaminati da nobili ed utopistici ideali riuscivamo a sognare un futuro quasi glorioso. Sotto molti aspetti le cose non sono andate proprio così; gli eventi storici che sono successi in Europa e nel mondo hanno travolto le ideologie e, nel nostro piccolo mondo, hanno infranto i nostri sogni e le speranze per un migliore futuro possibile. L’opportunismo, il qualunquismo ed il populismo nei nostri giorni hanno dato il colpo di grazia alle nostre illusorie convinzioni.

Per completezza, per onestà intellettuale e senso di autocritica, devo evidenziare un allontanamento reciproco ed una freddezza di rapporti sia con me che con molti altri, verificatosi nei primi anni “90. I motivi li conoscono tutti i petronesi: si verificò una forte spaccatura all’interno del P.C.I. locale che determinò la prima sconfitta storica dell’amministrazione comunale, da sempre guidata dal nostro partito e che ha visto contrapporsi vecchi amici e militanti. Non è mia intenzione analizzarne le cause ed individuarne le singole responsabilità, non sarebbe neanche questo il luogo adatto, ma una cosa è certa, bisognava evitare la frantumazione che c’è stata e che ha visto coinvolta ogni nostra singola responsabilità, così come dall’altra parte, bisognava evitare quel “minestrone” formato con pezzi del PCI, intera DC, MSI ecc.. per ribaltare un sistema consolidato, le cui conseguenze le stiamo vivendo anche oggi. Non parlo di rancori, ormai sopiti, ma di un mancato riferimento politico affidabile e quindi del disorientamento dell’elettorato.

Concludo dicendo che vivo con grande nostalgia il ricordo del lungo periodo precedente a questo infausto evento e affermo, inoltre, che la mia generazione non ha saputo proseguire quel tanto di buono che, personaggi come Pietro Bianco, hanno lasciato a ricordo dei posteri e, tocca a noi, testimoni dell’epoca, riportarli alla memoria collettiva.

Luigi Esposito