Il XX secolo è stato sicuramente il secolo delle guerre mondiali, dei genocidi su larga scala e condotti con metodi scientifici, ma è stato anche il secolo delle grandi scoperte scientifiche. Sulla scia delle ricerche avviate durante la seconda guerra mondiale, cominciò a perfezionarsi l’uso di missili ed aerei, non più solo come arma di distruzione di massa, ma come strumento per compiere le prime esplorazioni spaziali. Le nazioni protagoniste dei due blocchi contrapposti, URSS e USA, abituati a farsi la guerra nella famigerata Guerra Fredda, cominciarono a farsela anche a colpi di shuttle e stazioni orbitanti. In questo contesto si staglia luminosa la figura del grande cosmonauta (i russi non dicevano “astronauta”, ma “cosmonauta”, cioè marinaio dello spazio) Jurij Gagarin, figlio di poveri contadini sovietici che in pochi anni divenne un mito, non solo per i russi ma per tutte quelle persone che amano tenere il naso all’insù, fantasticando di altri mondi da scoprire ed esplorare.

Nascita e formazione di Gagarin

Jurij Alekseevic Gagarin nacque il 9 marzo del 1934 nel villaggio di Klusino, non lontano da Smolensk. I genitori furono costretti a lavorare nelle fattorie collettive varate dall’URSS negli anni immediatamente successivi alla morte di Lenin. Il padre alternava il lavoro di contadino con quello di falegname, mentre la madre badava ai figli e aiutava il marito nei campi. Come milioni di sovietici, anche la famiglia Gagarin patì tantissimo l’invasione dei nazisti, infatti il villaggio dove abitava la sua famiglia venne occupato nel novembre del ’41 e la fattoria dove vivevano venne affidata ad un ufficiale tedesco. Il graduato concesse alla famiglia di vivere sullo stesso terreno dietro la fattoria, mentre i fratelli maggiori di Jurij vennero deportati in Polonia nel 1943 per svolgere lavori forzati. Dopo la guerra, il giovane Jurij venne impiegato prima in una acciaieria e poi, dopo aver ottenuto un diploma, cominciò a lavorare in una fabbrica di mezzi agricoli. Il giovane alternò il lavoro alla scuola, tanto da ottenere varie specializzazioni, ma proprio in quel momento Jurij si innamorò del volo e degli aerei. Si iscrisse quindi presso un aeroclub, dove volò prima su un biplano e poi su uno Yak – 18 ed è tra queste macchine formidabili che il giovane Jurij capì che la sua strada era quella del volo e non quella delle macchine agricole.

La strada verso le stelle

Nel 1955 Jurij fu accettato nella scuola di volo di Orenburg, specializzandosi nel volo del MIG-15. Due anni dopo venne nominato Luogotenente dell’aviazione sovietica e nel 1959, dopo centinaia di ore passate a volare sul MIG, divenne finalmente primo tenente. Nel 1960 partecipò alla selezione per entrare nel programma spaziale sovietico: una selezione severissima, con decine di prove sia fisiche che psicologiche. Lo stesso Gagarin affermò in un’intervista che le prove a cui vennero sottoposti sembravano gli allenamenti per partecipare alle Olimpiadi. Alla fine della selezione furono scelti solo sei aspiranti cosmonauti, ma le altre prove scremarono ulteriormente la rosa, arrivando alla fine a tre fortunati, che nell’ultimo test si sarebbero giocati la possibilità di salire sul razzo Vostok-1. Nel gennaio del 1961 Gagarin insieme agli altri tre fece una simulazione di volo nell’abitacolo del Vostok, risultando primo tra tutti i candidati. L’8 aprile Gagarin venne scelto per pilotare la navicella Vostok, l’occasione di una vita per Jurij, il sogno che finalmente si realizzava.

Il primo uomo nello spazio

Il 12 aprile Gagarin volò più sopra di qualunque altra creatura, divenendo il primo uomo a compiere l’orbita intorno al pianeta. Gagarin compì un’orbita completa del pianeta, rimanendo in allineamento con la Terra per circa 108 minuti, ad una velocità di 27000 km/h. Gagarin per tutta la durata della missione fu sostanzialmente un passeggero, infatti i comandi della navicella erano controllati da terra, mentre Jurij sarebbe subentrato ai comandi solo in caso di emergenza. Alle 10 e due minuti il Vostok ritornò sulla Terra, mentre Gagarin venne espulso dall’abitacolo e si paracadutò fino a terra, mentre tutta l’Urss esultava per il suo eroe dello spazio, che aveva fatto ritorno a terra sano e salvo. Dopo questo volo la popolarità di Gagarin divenne grandissima: Krusciov lo nominò Eroe dell’Unione Sovietica, venne invitato a tenere discorsi in varie università dell’Unione Sovietica e in Europa. Kennedy, che mal sopportava la fama di Gagarin, vietò alle università americane di invitare il cosmonauta. Per anni Gagarin non partecipò ad altre missioni, ma venne eletto deputato dell’Unione Sovietica e collaborò all’allestimento della missione che avrebbe dovuto portare l’amico Vladimir Komarov sulla navicella Soyuz 1. La missione venne varata, malgrado le vibranti proteste di Gagarin, il quale riteneva la navicella ancora troppo poco sicura per un volo tanto complicato. La missione fallì miseramente e al ritorno un incidente uccise Komarov. Da quel giorno Gagarin venne sollevato da ogni incarico nel programma sovietico spaziale, rimanendo soltanto deputato della camera delle nazionalità.

L’incidente e le indagini sulla morte

Jurij Gagarin morì prematuramente a soli 34 anni, dopo solo sette anni dalla sua conquista dello spazio. Il 27 marzo 1968 morì a bordo di un caccia da addestramento, un Mig 15, che aveva a bordo anche un pilota collaudatore molto esperto. Per ordine del Cremlino, Gagarin non poteva volare da solo (per questioni di sicurezza). Sempre il Cremlino gli aveva impedito anche di ritornare nello spazio: un eroe non doveva morire per qualche incidente, ma in realtà questa decisione era una punizione per aver protestato contro la decisione di far volare lo stesso Komarov. certamente sembra strano che due piloti così esperti siano potuti morire proprio a causa del loro elemento naturale, l’aereo. Invece nella più banale delle situazioni Gagarin cadde. Ma il mistero sulla sua fine è fitto. Varie sono le spiegazioni avanzate ufficiali e ufficiose. Le più accreditate tra le tante sono queste quattro, malgrado nessuna sembra così convincente:

1) Dopo l’incidente vennero avviate diverse inchieste le quali spiegarono che il Mig-15 di Gagarin era entrato nella scia di un altro caccia in volo. Il Mig perse il controllo è precipitò. Nella zona, non lontano da Mosca, c’era una fitta nebbia e i due jet non si erano visti.

2) Il controllo del traffico aereo militare era molto carente e autorizzò il volo del caccia nella zona dove volava Gagarin quando doveva invece impedirlo. Tenendo conto che i due jet non potevano volare a vista i controllori dovevano esercitare un controllo che invece non c’è stato.

3) Il servizio meteorologico nella zona di volo di Gagarin non aveva segnalato la presenza di dense nubi basse nelle quali invece si venne a trovare il Mig. Per un’avaria all’altimetro il caccia fece delle manovre troppo basse finendo al suolo.

4) C’è infine un’ipotesi fantasiosa. Quella dell’omicidio che sarebbe stato ordinato dal Cremlino dove allora comandava Breznev, per togliere di mezzo un personaggio che stava diventando ingombrante e poco gestibile.

Purtroppo il mistero ancora non è stato risolto. Certamente la morte di Gagarin fu uno shock per tutta l’Unione Sovietica. I funerali furono seguiti da migliaia di sovietici, che vollero salutare il grande cosmonauta. A Jurij Gagarin è stato dedicato in Russia il centro di addestramento dove si preparano i cosmonauti prescelti per le varie missioni spaziali e in suo onore è stato eretto a Mosca nel 1980 un monumento alto 40 metri, costruito in Titanio.

Gagarin e la fede in Dio

«È bellissima la terra», avrebbe scritto Gagarin ricordando la sua straordinaria avventura, «la vedevo circondata da un’aureola azzurra, e facendo scorrere lo sguardo fino al cielo passavo dall’azzurro al blu, al turchese, violetto e alla notte fonda». Il volo di Gagarin non fu solamente un evento scientifico ma un’impresa che il regime, in pieno clima di guerra fredda, utilizzò per fini di propaganda e per dare una mano all’ateismo di stato. Si è sempre detto, a questo proposito, che Gagarin, mentre volteggiava nello spazio dove mai nessun uomo era arrivato, avrebbe esclamato: «Quassù non vedo nessun Dio». In realtà fu Krusciov a pronunciare la frase: «Perché state aggrappati a Dio? Gagarin ha volato nello spazio e non ha visto Dio».Secondo alcune fonti, Gagarin era stato battezzato nella chiesa ortodossa e un suo amico lo definì addirittura credente e con certe attenzioni verso la religione.Nel 1964, dopo aver visitato un monastero nel cui museo era conservato un modello della cattedrale di Cristo Salvatore fatta erigere da Alessandro I e poi fatta radere al suolo da Stalin, ne propose la ricostruzione. Inoltre, prima di essere lanciato nello spazio, volle battezzare la figlia Ylena. Il poeta Evgenij Evtušenko, a conclusione di una poesia dedicata al primo cosmonauta, immaginò queste sue considerazioni: «Sulla terra mi sono schiantato, quella che per primo ho visto tanto piccola, e la terra non me l’ha perdonata. Ma io perdono la terra, sono figlio suo, in spirito e carne, e per i secoli prometto di continuare il mio volo». Gagarin sembra dunque riassumere in sé il mito dell’Icaro moderno che si ritrova addosso delle fragili ali di cera, ma al tempo stesso rappresenta anche l’Ulisse dantesco con il suo desiderio di varcare le Colonne d’Ercole alla scoperta del mistero. E per questo Jurij Gagarin, come conclude il poeta, continuerà per sempre il suo volo, fantasticando di un pianeta nuovo, in pace e senza confini, dove tutti vivono con quello che hanno e senza gravare sul nostro ecosistema.

Giovani Trotta