La conquista degli Europei del 2004 da parte della Grecia rappresenta uno dei più affascinanti miti calcistici, un’impresa che ispira ancora oggi gli allenatori e i calciatori di tutto il mondo. Non era mai capitato che una squadra dall’esperienza internazionale praticamente inesistente vincesse un titolo così importante. Non bisogna dimenticare che questa squadra, lungi dall’essere un “miracolo sportivo”, aveva una generazione di giocatori d’esperienza ed affidabili, che si erano fatti notare in campionati ben più blasonati di quello ellenico. Questi ragazzi, che avevano conquistato nel 1998 la finale del torneo europeo per l’under 21, nell’agosto 2001 trovarono finalmente colui che li avrebbe portati alla gloria: l’allenatore tedesco Otto Rehhagel, un vero e proprio santone che aveva trainato alla vittoria squadre di medio livello.

Il lavoro di Rehhagel

Otto Rehhagel nella sua carriera da allenatore vinse per ben tre volte la Bundesliga e per tre volte la Coppa di Germania, oltre ad una Coppa delle Coppe. Il tecnico tedesco riuscì a dare a questa squadra di giocatori onesti, ma sicuramente non di fuoriclasse, un’idea di gioco, un’organizzazione tattica che rese subito visibili i risultati. La Grecia infatti passò alle fasi finali dell’Europeo arrivando prima nel girone qualificatorio e costringendo la Spagna agli spareggi. Rehhagel riuscì a costruire una squadra dalla difesa ferrea, cinica in attacco e spietata nel pressing. Non un calcio propositivo sicuramente, ma maledettamente efficace nell’impedire agli avversari di partorire una qualunque trama di gioco. La Grecia si presentò dunque agli Europei in Portogallo con una grande voglia di stupire, ma anche con una grande determinazione e consapevolezza nei propri mezzi. Il girone era complicato ovviamente, infatti la Grecia capitò insieme al Portogallo, alla Russia e alla Spagna, ma già fare un buon risultato nella prima partita sarebbe stata per i ragazzi di Rehhagel una grandissima soddisfazione.

Il girone di Euro 2004

Il 12 giugno a Oporto cominciò l’Europeo della Grecia, opposta ai padroni di casa del Portogallo, una squadra fortissima composta da campioni come Figo, Rui Costa e un giovanissimo Cristiano Ronaldo. L’approccio alla partita degli uomini di Rehhagel fu perfetto: dopo pochi minuti Karagounis portò in vantaggio i greci, che raddoppiarono nella ripresa con il rigore di Basinas. Il Portogallo provò a rimettere in piedi la partita grazie al gol di Cristiano Ronaldo, ma ormai la frittata era fatta: 2 a 1 per la Grecia tra l’incredulità generale. La seconda partita venne pareggiata dai greci contro le Furie Rosse grazie al gol di Charisteas,punta di diamante dell’undici ellenico ma riserva nel Werder Brema, la sua squadra di club. La terza partita contro la Russia fu una partita severamente vietata per i cardiopatici: infatti la Grecia si ritrovò sotto di due gol contro i russi, che imbrigliarono le azioni dei centrocampisti di Rehhagel. Al 40’ del primo tempo Vryzas, attaccante del Perugia, riuscì a trovare l’imbeccata vincente fissando il risultato finale sul 2 a 1 per i russi. La contemporanea sconfitta per 1 a 0 della Spagna contro i lusitani proiettò i greci ai quarti grazie alla differenza reti favorevole. Russia e Spagna rimasero fuori dall’Europeo, mentre la Grecia si regalò un fantastico quarto di finale contro i campioni in carica della Francia.

I quarti di finale

I quarti di finale contro la Francia di Thuram, Henry, Trezeguet, Vieira e tanti altri fu per i calciatori della nazionale greca un sogno dal quale non ci si vuole più svegliare. I ragazzi di Rehhagel affrontarono la partita non come un quarto di finale di una competizione calcistica, ma come la possibilità di entrare nella Storia. “Se proprio dovremo perdere, lo faremo come gli eroi greci”, queste furono le parole di Rehhagel ai suoi calciatori, un concentrato di emozioni e motivazioni incredibili, capace di smuovere anche il più apatico tra gli esseri umani. La Grecia quella sera giocò la partita perfetta, sovrastò l’avversario per tanti momenti del match, tanto che i commentatori della Rai cominciarono a dubitare su quale delle due nazionali fosse davvero la Francia. Durante l’intervallo i calciatori greci cominciarono a pensare sul serio di portare a casa la partita, fatto che si materializzò al 65° con il colpo di testa di Charisteas, che capitalizzò al meglio una fantastica azione di Theodoros Zagorakis, trequartista dell’AEK di Atene. Fu una festa bellissima, con bandiere greche e fuochi artificiali per le strade di tutta la Grecia e ovunque ci fossero dei greci. Da quella sera anche i più scettici cominciarono a pensare alla vittoria finale. Non si trattò solo di entusiasmo e di euforia post vittoria, ma di segnali precisi, di sensazioni che solo chi ha giocato a calcio riesce a capire. Sembrò davvero che la paura fosse sparita di colpo con la vittoria contro la Francia, come se questo risultato avesse ormai instillato nelle menti dei giocatori greci la convinzione di poter arrivare fino in fondo.

La semifinale

La semifinale contro la Repubblica Ceca fu probabilmente la partita più dura di tutto il torneo per i ragazzi di Rehhagel. La Repubblica Ceca nel 2004 poteva vantare una formazione di tutto rispetto, con Nedved e Rosicky in grande spolvero e con un allenatore come Karel Bruckner, vero Maestro della panchina. La partita fu una vera e propria battaglia, con la selezione ceca che cercò per tutti i 90’ di fare gol e la Grecia costretta a difendersi, ma senza soffrire più di tanto. La partita andò ai supplementari e qui la Grecia cominciò a credere alla vittoria, iniziando a pungere di più anche in attacco. A pochi secondi dalla fine del primo tempo supplementare la Grecia guadagnò un calcio d’angolo. Agli Europei del 2004 venne introdotta la regola del Silver Goal, cioè si andava al secondo tempo supplementare solo se il primo tempo fosse finito in parità. Sul calcio d’angolo svettò come un’aquila Traianos Dellas, centrale difensivo della Roma, che portò in vantaggio la selezione ellenica. La partita finì con il risultato di 1 a 0, portando il Paese in Paradiso, una sorta di gioia collettiva, che univa tutti i greci sparsi per il mondo.

L’ultimo atto

I giorni della vigilia furono allo stesso tempo una festa e un tormento. L’attesa finì il 4 luglio, alle ore 20 le due squadre scesero in campo allo stadio Da Luz. Il Portogallo schierò la sua generazione d’oro composta da campioni come Figo, Rui Costa, Deco, Carvalho e il giovane Cristiano Ronaldo. Sembrava tutto scritto alla fine di una splendida organizzazione e ospitalità offerta dal Paese all’Europa, il tutto con il beneaugurante precedente del Porto vincitore della Champions League. D’altra parte la Grecia aveva già conquistato un traguardo incredibile. Vedeva questa finale come l’ultimo atto. Il compimento di un viaggio leggendario destinato ad essere cantato nei secoli calcistici. Il Portogallo entrò nella gara volendo scongiurare le paure e le preoccupazioni. Il tentativo di convincere sé stesso che fosse comunque superiore e che la sconfitta netta nella gara d’apertura fosse soltanto frutto di coincidenze. Ma la realtà fu da subito ben diversa. Col passare dei minuti la fragile determinazione dei portoghesi cominciò a svanire, la manovra della squadra di Felipe Scolari risultò essere fine a sé stessa. Intanto la formazione greca iniziò ad imporre ancora una volta il suo ritmo, controllando perfettamente la partita e creando anche delle situazioni interessanti in avanti. All’intervallo cominciò a serpeggiare la sensazione che la finale stesse per svolgersi a favore della Grecia. Come affermato da un telecronista italiano, la Grecia stava vincendo ai punti ma nel calcio contano i gol. Come se lo avessero sentito, in una radiocronaca greca trasmessa su internet gli “risposero” che prima o poi il Portogallo avrebbe, come gli altri, subito il colpo decisivo, e non sarebbe mai riuscito a recuperare contro il muro greco. Dopo undici minuti nel secondo tempo la Grecia guadagnò un calcio d’angolo, dalla parte destra dell’attacco. Questa volta a calciarlo fu Basinas. Charisteas, battendo sul tempo i difensori e il portiere, riuscì a segnare ancora di testa, portando la Grecia in vantaggio. I festeggiamenti durarono pochissimo, visto che il gol non significava vittoria ma l’inizio del sofferto conto alla rovescia verso la più alta felicità e gloria calcistica. Il Portogallo cercò di attaccare con la forza della disperazione. Provò in tutti i modi di avvicinarsi alla porta o tirando da lontano, ma la difesa greca fu impeccabile, tanto che il portiere Nikopolidis non soffrì più di tanto. Al 90′ minuto Figo con un lampo di genio riuscì a liberarsi dalle marcature greche, che lo avevano legato e neutralizzato per quasi 180 minuti (contando anche la prima partita), trovando una grande occasione. Il suo tiro però passò accanto al palo e finì fuori, rappresentando l’ultimo spasmo di vita dei portoghesi. La Grecia continuò ad amministrare la partita, per poi sentire con beatitudine il triplice fischio finale che portò il Paese sull’Olimpo del calcio europeo, dando inizio ad un periodo magico di festeggiamenti ed entusiasmo infiniti. Quella notte fece festa non solo nelle piazze greche ma anche in quelle di diversi paesi, fra cui l’Italia. A Bologna, la Piazza Nettuno sembrò essersi trasferita ad Atene. In realtà alla festa parteciparono anche italiani, e perfino un gruppo di portoghesi tristi ma amici, con la loro bandiera fra quelle greche.

Perché ha vinto la Grecia?

Rehhagel riuscì a dimostrare che il successo e l’innovazione non arrivano sempre per via dell’assunzione di modelli nuovi, vincendo con uso di tecniche e schemi di gioco spesso non alla moda, e ritenuti superati. Tecnicamente la Grecia del 2004 mise in mostra un’ottima fase difensiva e un centrocampo solido e ordinato, secondo la classica tradizione italiana. L’attacco fu spietato, letale e cinico, come dev’essere per una squadra che ha nella difesa il suo punto di forza. La Grecia del 2004 sconfisse per ben due volte nei 90 minuti l’altra finalista a casa sua, cosa mai accaduta nella storia.Costrinse la grandiosa Francia di Zidane alla sua unica sconfitta in gare ad eliminazione diretta (l’Italia nel 2006 vinse soltanto ai rigori, non sul campo). Inoltre la squadra di Rehhagel giocò e vinse contro nazionali che sulla carta erano tutte più forti e sicuramente più blasonate.La Grecia del 2004 dimostrò sul campo di essere una grande squadra, guidata da un grande tecnico e composta non da fenomeni ma da giocatori comunque dalle qualità ed esperienze non trascurabili. L’epopea di questa nazionale ci insegna ancora una volta che niente è impossibile, tutti possono fare tutto, o quantomeno possono provarci. Nel calcio non esistono regole, non ci sono assiomi, nessuno sa qual è il modulo migliore per andare in campo o se è meglio avere in campo il trequartista o meno. Non ci sono ricette segrete per vincere, ma quando c’è la voglia di farlo e tutti quanti inseguono quell’obiettivo i risultati arrivano, chiedere al signor Claudio Ranieri per ulteriori chiarimenti…

Giovanni Trotta